Il beffardo destino di Gigi Meroni e Attilio Romero

15 ottobre 1967. Il Torino vince in casa contro la Sampdoria per 4-2, in quella che verrà ricordata da tutti come l’ultima partita di Gigi Meroni. Allo stadio quel giorno, c’è anche un giovane tifosissimo granata, Attilio Romero. Ha applaudito i suoi idoli, esultato ai gol di Combin, è andato in visibilio per Gigi Meroni, l’idolo della curva. Un giocatore dalla tecnica straordinaria, l’incredibile estro, dalla vita “beat”. Meroni ascolta i Beatles, dipinge quadri, scrive poesie, si disegna gli abiti che indossa, gira per strada con una gallina al guinzaglio. Un eroe romantico, che vive more uxorio con Cristiana, tra lo scandalo dei benpensanti. La “farfalla granata”, che se fuori dal campo divide l’opinione pubblica, in campo convince tutti. Nato calcisticamente a Como, è nella Genova rossoblù che inizia a far vedere di che pasta sia fatto Per aggiudicarselo il Torino versa ben 300 milioni di lire, nel 1964.

Con il popolo granata è subito amore e per tre esaltanti stagioni, Meroni è l’idolo incontrastato dei tifosi. Neppure la fallimentare spedizione azzurra del 1966 fa affievolire la luce della sua stella. A 24 anni la carriera di Meroni è pronta a decollare. Persino Agnelli cerca di portarlo alla Juventus, per la cifra record di 800 milioni. Ma il sollevamento del popolo granata manda a monte l’operazione e Meroni resta al Toro.

Ma torniamo a quel maledetto 15 ottobre. Al termine della partita, Meroni e Poletti abbandonano il ritiro post partita e decidono di andarsi a vedere la Domenica Sportiva a casa di Meroni. Ma prima un salto al bar, per telefonare a Cristiana, perché Gigi ha dimenticato le chiavi di casa. I due attraversano corso Re Umberto, tra lo sfrecciare del traffico cittadino. Nello stesso momento, a bordo della sua Fiat 124 Coupé, Attilio “Tilly” Romero torna a casa, dopo aver assistito alla partita. Per farlo deve percorrere corso Re Umberto. E il destino vuole, che nel preciso istante in cui Meroni e Poletti decidono di attraversare la strada, a sopraggiungere sia la Fiat di Romero. Lui li vede all’ultimo e non fa in tempo a frenare. Loro non si accorgono di niente e vengono presi in pieno. O meglio, Poletti viene preso di striscio e rimane lievemente ferito. Meroni viene invece catapultato in aria e finisce sull’altra corsia, dove viene investito da un’altra auto. Per lui non c’è niente da fare e la corsa dell’ambulanza non serve a nulla. Meroni è morto.

Poi, da quel tragico giorno, passano più o meno trent’anni. Il Torino è lontano dai fasti di allora, e sono ormai vent’anni che non vince più nulla. Così nel 2000 subentra una nuova proprietà, che vorrebbe riportare il Toro nelle zone alte della classifica. Il nuovo patron si chiama Francesco Cimminelli, un imprenditore calabrese, che però non nasconde la sua fede bianconera. Di certo non un buon viatico per far breccia nel cuore dei tifosi granata. Poi, come ciliegina sulla torta, la nomina del nuovo presidente: Attilio Romero. Tilly è sì un tifoso granata autentico, ma è anche quello che ha ucciso (sia ben chiaro, in maniera del tutto involontaria) Gigi Meroni. E, nonostante le dimostrazioni di affetto e comprensione fin dal giorno dell’incidente da parte dei torinisti (Romero aveva sempre con sé una figurina di Meroni nel portafogli, oltre ad avere la camera tappezzata di poster dei giocatori granata), per i tifosi, ritrovarselo come presidente, deve essere una cosa dura da digerire. A completare l’opera, ci si mette poi Cimminelli in persona, che con una gestione non proprio illuminata, porta il Torino alla bancarotta e al conseguente fallimento.

Fallimento che pertanto avviene durante la presidenza Romero, il tifoso granata che ha disgraziatamente causato la morte di Gigi Meroni e che a distanza di quasi quarant’anni ha anche ucciso il Torino calcio.