Massimo Palanca, il Piedino d’Oro

Palanca con la maglia del Catanzaro

Massimo Palanca è un nome che fa ancora sussultare i tifosi del Catanzaro e, in generale, tutti gli appassionati del calcio che fu. Campione di provincia con un rapporto speciale con la città che lo ha sempre amato e alla quale il bomber ha sempre dimostrato affetto. Un metro e settanta scarso, al piede un numero 37. Per lui la Pantofola d’Oro produce delle scarpe su misura. Il Piedino d’Oro, il Piedino di Fata, ma anche O’Rey per i suoi tifosi. E pensare che Palanca arrivò quasi per caso a Catanzaro. Era il 1974, il giocatore aveva appena segnato in C 18 reti con il Frosinone ed era pronto ad accasarsi alla Reggina. Ma la retrocessione di quest’ultima fece cambiare i piani di bomber Massimo, che virò sul Catanzaro.


nicola ceravoloDalle Marche, Camerino, alla Calabria, in treno, un viaggio di 12 ore. Poi bus. Non c’erano dirigenza e procuratori ad accoglierlo, né auto private o altro per raggiungere la sede. Massimo Palanca è un emigrato, in direttrice inversa.
Il primo anno in B è un’annata di grandi aspettative. Il presidente Ceravolo ha imbastito una squadra per la promozione. E il Catanzaro ci va vicino, perdendo solo allo spareggio contro il Verona. Ma la promozione è solo rinviata di un anno e, nel 1976, la squadra calabrese approda alla massima serie.
In serie A, al primo anno, Palanca segna 11 reti e il Catanzaro ottiene una storica salvezza. Per 5 anni Massimo sarà il trascinatore della squadra calabrese, 4 dei quali nella massima serie. Mancino puro, con un ottimo destro, allenato negli anni, ed una particolare predilezione per i gol direttamente da calcio d’angolo. Ben 13 alla fine della sua carriera, uno dei quali storico alla Roma.

È il 4 marzo 1979. Si gioca Roma-Catanzaro, all’Olimpico. All’andata Palanca segnò da calcio d’angolo, ma il gol non gli fu attribuito, causa deviazione del difensore sul primo palo. Autogol, ma con gli standard di oggi la rete sarebbe stata data all’attaccante. Ebbene, al 5′ minuto c’è un calcio d’angolo per la squadra calabrese. Dalla bandierina va Palanca e, con il suo magico sinistro, disegna una parabola che trafigge il portiere. Massimo si è così ripreso quello che gli spettava. Per di più con gli interessi: tripletta, 1-3 e il Catanzaro guidato da Carletto Mazzone espugna l’Olimpico. La stagione termina poi al 9° posto, con Palanca autore di 10 reti, 5° nella classifica cannonieri.

 

Palanca con la maglia del NapoliPoi l’addio e la nuova avventura con il Napoli. Ma le cose non vanno bene per il bomber, che segna una sola rete in 20 partite. Tra prestiti e stagioni sfortunate, Palanca vive 5 anni tra Napoli, Como e Foligno… prima del grande ritorno. Nella stagione 1986-1987, a 33 anni, Massimo Palanca torna a giocare con il Catanzaro, sprofondato in serie C. All’esordio va subito in gol e Catanzaro torna a palpitare e a sognare con il bomber. Per capire l’amore che legasse tifosi e giocatore, basti pensare che agli allenamenti del giovedì, quando Palanca provava le punizioni, la curva intera veniva ad assistervi.

Il 1988 è l’ultima grande occasione per il Catanzaro di tornare in serie A, ma la manca per un solo punto. Una partita diventa il simbolo di quella sfortunata stagione. Si gioca Catanzaro-Triestina. Al 90′ siamo sullo 0-0. Alla squadra calabrese viene accordato un dubbio rigore. Nell’occasione viene anche espulso il portiere Gandini che, rientrando negli spogliatoi, si becca anche un ceffone dall’allenatore Ferrari: ha lasciato la squadra in 10, senza sostituzioni a disposizione. E così in porta va un giocatore, Costantini. Dal dischetto va O’Rey. Rincorsa, tiro di sinistro… palo! Clamoroso. Palanca resta incredulo, quasi sviene, si getta a terra in lacrime. La partita finisce e dopo diversi minuti si rialza. Sorretto a spalla, ancora in lacrime, viene portato negli spogliatoi, accompagnato dagli applausi dei tifosi.

Nel 1990 termina la carriera Di Massimo Palanca, al 70′ di un Catanzaro-Barletta, con una cornice di pubblica purtroppo modesta (la squadra calabrese è ormai matematicamente retrocessa in serie C). Finisce così anche una delle storie d’amore più belle del mondo del calcio: quella tra un ragazzo marchigiano emigrato in Calabria e una città, che ha sognato grandi trionfi e ha condiviso con lui gioie e delusioni.
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