I poteau carrés: il Saint-Étienne e quei maledetti pali di Glasgow

Negli ultimi anni la Champions League (o Coppa Campioni) è saldamente in mano ad una decina di squadre, che arrivano in maniera abbastanza regolare alle fasi finali. Certo ci sono delle eccezioni, basti pensare all’inedita finale tra Porto e Monaco che consacrò Mourinho come profeta del calcio. Ma diciamo che, salvo queste rare eccezioni, non esistono più quelle squadre simpatia che, grazie ad una fortunata generazione di fenomeni, riuscivano a contendere il massimo trofeo ai vari Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, ecc…

Bene, qui di seguito parliamo della finale del 1976 tra Bayern Monaco e Saint-Étienne. La prima è alla terza finale consecutiva, e vanta tra le sue fila giocatori come: Maier, Beckenbauer, Rumenigge, Gerd Müller, Uli Hoeneß… insomma la nazionale della Germania Ovest. La più solida e la più forte squadra del panorama europeo.

Il Saint-Étienne, invece, è tornato a vincere il campionato francese e può così provare l’assalto al trofeo continentale. Qualche anno prima, la squadra transalpina era dominatrice in patria e, vuoi la scarsa esperienza o l’eccessiva intraprendenza, in Europa alternava grandi prestazioni (un 3-0 al Bayern Monaco, per esempio) a débâcle clamorose. L’anno prima fu proprio la squadra bavarese a batterli in semifinale.

Ma quest’anno è l’anno della grande rivincita. Ne sono tutti convinti. Il Saint-Étienne arriva in finale da grande protagonista. Ha eliminato i Rangers, battendoli anche in casa loro. Ma soprattutto ha eliminato ai quarti quelli che erano considerati i più forti d’Europa (dopo il Bayern): la Dinamo Kiev. Il problema nell’affrontare le squadre sovietiche era, che i loro giocatori potevano contare su una quantomeno sospetta forma fisica che ne faceva degli instancabili atleti, capaci di andare al doppio della velocità degli avversari. Infatti in Crimea (a Kiev era troppo freddo) finisce 2-0 per i “padroni di casa”. Ma nella partita di ritorno Les Verts si impongono per 2-0 nei tempi regolamentari (non senza fatica) e, nei tempi supplementari, riescono a rovesciare il risultato con una rete del giovanissimo (e fortissimo) Rocheteau.

In semifinale tocca invece al PSV. L’andata in Francia termina 1-0 per i padroni di casa (gol di Rocheteau). Il ritorno in Olanda finisce 0-0. Grande protagonista è il portiere verde Yvan Curkovic, che salva il risultato in più di un’occasione.

Il 12 maggio è il giorno della grande finale. Della grande rivincita. Si gioca a Glasgow, all’Hampden Park. Alla rocciosa squadra tedesca, il Saint-Étienne contrappone una squadra veloce e fantasiosa. In difesa gioca un lungagnone con fisico da culturista, che risponde al nome di Osvaldo Piazza. Arrivò dall’Argentina come attaccante, ma i piedi non proprio fatati convinsero l’allenatore Herbin a retrocederlo in difesa. Proprio in virtù del suo passato, Osvaldo non disdegna le incursioni offensive e, in certe circostanze, gioca come attaccante aggiunto, oltre ad essere il motore propulsivo dei contropiedi francesi. Ma poi ci sono Santini, Patrick ed Hervé Revelli, Larqué e il già citato Rocheteau. Una squadra di tutto rispetto insomma. Ma proprio Rochetaeau è indisponibile per la finale e va solo in panchina (disputerà solo 8 incandescenti minuti di quella partita).

Ora, per chi non ricorda le immagini in bianco e nero dell’Hampden Park, questi aveva una caratteristica legata alle porte del campo di gioco: i pali erano quadrati. Ormai praticamente dappertutto, per ragioni di sicurezza, si usavano pali rotondi. E alcuni anni dopo la UEFA lo ha reso obbligatorio in tutti gli stadi. Ma quel giorno il palo è quadrato. E proprio sullo spigolo del montante si infrange per ben due volte il sogno del Saint-Étienne. I verdi, per tutta la partita, fanno quello che riesce loro meglio: attaccare.
Bathenay, a metà della prima frazione, scarica un siluro da 25 metri che incoccia la parte inferiore della traversa. Se questa fosse stata rotonda, probabilmente la palla sarebbe entrata. Ma non è rotonda, e in questa circostanza ai francesi deve essere sembrata più spigolosa che mai. La palla torna così verso il campo e si continua sullo 0-0.

Ma il copione non cambia e Les Verts continuano ad attaccare. Al 40′ Santini si ritrova sulla testa la palla del vantaggio: cross teso di Sarramagna (sostituto di Rocheteau) e botta a colpa sicuro. E ancora una volta quel maledetto spigolo sputa fuori la palla, strozzando in gola l’urlo dei tifosi.

Il secondo tempo ci pensa Roth a spegnere definitivamente i sogni francesi: punizione dal limite ed 1-0. Risultato che non cambierà più fino alla fine della partita.

Ma se solo quei pali fossero stati rotondi… se solo la palla fosse rimbalzata dentro la linea e non fosse stata ricacciata fuori come sputata da un cannone.. quei maledetti poteau carrés (pali quadrati). Interrogativi che giocatori e tifosi Verts devono essersi posti per anni. In fin dei conti la storia di vittorie del Saint-Étienne si interrompe proprio lì, o quasi. E comunque un’occasione del genere non si ripresenta più.
Un storia da incubo quindi, che trova forse la sua conclusione più bella con l’acquisto dei mitici poteau carrés di Glasgow. Questi infatti, una volta dismessi, erano entrati a far parte del museo dell’Hampden Park. Ma la società francese, spinta dai propri tifosi, ha acquistato i pali per esporli nel proprio museo. Un degno finale dolce amaro, che regala un po’ di romanticismo ad una bella storia di calcio.