Helmuth Duckadam, l’eroe di Siviglia

Di una finale di Coppa Campioni, non sempre la gente ricorda il risultato; quasi sempre però ricorda la giocata simbolo di quella partita, il momento che decide la sfida, il gesto tecnico impareggiabile.
E così, della finale del 2002 tra Real Madrid e Bayer Leverkusen, la gente ricorda il gran gol di Zidane. O della finale del 1999 tra Bayern Monaco e Manchester, quei folli 2 minuti finali. E ancora del tacco di Madjer, del pallonetto di Ricken, del siluro di Rambo Koeman… ecc.Ma alcune rare volte, della partita più importante dell’anno, quello che rimane impresso non è un gol, ma una parata. Talmente incredibile da lasciare sgomenti pubblico e squadra avversaria. La parata che vale la coppa.
Ora pensate, se anziché essere solamente una, le parate siano addirittura 4, per di più consecutive…Signore e signori, Helmuth Duckadam.

Si parte da qui per raccontare la storia di Helmuth Duckadam, anche perché prima c’è ben poco da raccontare. Il muro è ancora in piedi, la Romania è nel Patto di Varsavia e le notizie da quella parte di mondo non hanno grande eco in occidente. E così, questo portiere dal fisico asciutto, reattivo come pochi altri nel ruolo (forse come nessun altro), fa capolino per la prima volta sulle pagine dei giornali e sulle tv al di qua del muro solo nel 1985. Anno in cui la Steaua Bucarest partecipa alla Coppa dei Campioni. E Helmut è uno dei protagonisti della cavalcata vincente della squadra rumena, che a sorpresa diviene la regina d’Europa. Ed è protagonista assoluto della finale, che si gioca a Siviglia contro il Barcellona.

7 maggio 1986. Il mondo è ancora scosso dal disastro di Chernobyl. A Siviglia si affrontano il Barcellona di Venables e la Steaua di Jenei. Gli spagnoli arrivano al match da favoriti, vuoi perché hanno eliminato ai quarti i detentori della Coppa (la Juventus), vuoi perché giocano praticamente in casa. La Steaua è invece la rivelazione. Il suo cammino è stato però piuttosto netto, con roboanti vittorie in casa contro squadre anche più quotate.
Alla fine di 120 minuti senza gol, prima volta per una finale di Coppa Campioni, la vincitrice si decide ai rigori. E di quei rigori, Duckadam ne para 4 su 4! E pensare che i suoi compagni fanno di tutto per rendere vani i suoi sforzi, fallendo i primi due con Majearu e Boloni. Ma Duckadam quel giorno è insuperabile e regala ai propri tifosi una coppa insperata. Vive la giornata perfetta, il momento di gloria sportiva eterna. E di quei momenti il portierone rumeno non ne vivrà mai più. Proprio sul più bello la sua carriera praticamente termina.

Trombosi alle mani, recitano le fonti ufficiali. Uno screzio con il figlio del dittatore quelle ufficiose.

Pare che re Juan Carlos, tifosissimo del Real Madrid, gli avesse regalato una Mercedes e che il calciatore invece l’avesse rifiutata. Ma su quell’auto il terzo figlio di casa Ceausescu, Nicu, aveva già messo gli occhi e vedersela sfuggire di mano l’avrebbe fatto un pelo adirare. E così, da buon dittatore, avrebbe fatto spezzare i polsi al malcapitato calciatore. Una diceria, anche secondo Duckadam stesso.

“Eravamo semi professionisti assunti dallo Stato: rispetto ai colleghi europei dei poveracci. Come premio per la vittoria sul Barcellona ci diedero una jeep, usata dall’esercito. La vendemmo tutti. I miei guai iniziano nell’estate: un dolore alla mano sempre più forte. Dopo mesi scoprano che una trombosi mi sta devastando un braccio. C’è il rischio dell’amputazione, scongiurato.”

Da La Gazzetta dello Sport 3 giugno 2017.

L’unica cosa certa è che da quell’infortunio non si riprese mai più. Tre interi anni di inattività, poi due anni ancora ad Arad senza praticamente mai giocare e infine il ritiro. E pensare che dopo quella finale sarebbe potuto diventare il portiere del Manchester United.

E invece Helmuth Duckadam è e resterà per sempre “soltanto” l’eroe di Siviglia, il superman rumeno, la fulgida stella che brillò per una sola notte, nella serata più importante della sua carriera.